di Patrizio Gonnella Il Manifesto, 23 febbraio 2018
La riforma dell’ordinamento penitenziario non è stata approvata. Ieri il Consiglio dei Ministri ha lasciato in naftalina le norme sulle misure alternative, sulla sanità penitenziaria e sulla vita interna alle carceri. Il 4 marzo è vicino e una variegata compagnia ha già intascato il primo risultato. Ha vinto Salvini con le sue truci volgarità. Ha vinto Luigi Di Maio che insultava la riforma definendola l’ennesimo svuota-carceri.
Ha vinto chi in Forza Italia ha sposato tesi leghiste. Ha vinto chi nel Governo e nel Partito Democratico era da sempre contrario, soffrendo il percorso riformatore. Ha vinto chi ha spostato l’asse del governo verso posizioni securitarie. Hanno vinto quei sindacati autonomi di polizia penitenziaria che si sono sempre dichiarati contrari a ogni tentativo di umanizzazione della vita penitenziaria e che intendono confinare gli agenti al ruolo di girachiavi e i detenuti al ruolo di camosci.
Hanno vinto soprattutto quei magistrati che hanno detto e fatto di tutto per bloccare la riforma nel nome della lotta alla mafia. Ha vinto il procuratore di Catania Sebastiano Ardita che da mesi solleva dubbi e resistenze, alcune delle quali espresse nella convention di Casaleggio e amici. Pensa di aver vinto, ma in realtà ha perso, chi pensa che la politica sia tattica, attendismo. Chi pensa che una riforma vada trattata come una partita di calcio, ossia una lunga melina con vittoria ai supplementari quando tutti sono oramai distratti. (altro…)