Non possono andare ai domiciliari perchè la famiglia è stata sfrattata. Il genitore condannato per l’omicidio di un carabiniere che riteneva responsabile dei guai del figlio con la droga
4 febbraio 2018 – Damiano Aliprandi – Il Dubbio
Si allontana dalla comunità dove era in affidamento in prova e si consegna in carcere per non lasciare da solo suo padre, 73enne con diverse patologie, condannato all’ergastolo in primo grado. Una storia difficile, disperata, in un contesto familiare disastrato, dove prevale anche un atto d’amore di un figlio che si sente in colpa per la condanna che ha ricevuto il padre. Sì, perché Riccardo Vignozzi – così si chiama il figlio -, un ragazzo di 33 anni con problemi di tossicodipendenza, ha confessato i furti commessi cinque anni fa nelle scuole. Furti che consistevano nel rubare i soldi alle macchinette delle merendine che gli servivano per procurarsi le dosi. Si era dato anche il nome d’arte di Diabolik, firmava così i suoi bigliettini per scusarsi del disagio. Non era stato però l’unico reato. Riccardo era tossicodipendente così come l’altro fratello, condannato a sei mesi per piccolo spaccio – ed era già stato condannato per un altro reato legato alla droga. Quest’ultimo fatto – l’origine della tragedia che portò il padre a commettere un omicidio – avviene nel comune di Carrara, in Toscana. Riccardo era stato sorpreso dai carabinieri con delle dosi di hashish, dopo una perquisizione in casa avevano trovato altre quantità. Non lo arrestarono, ma fu denunciato a piede libero. Uno dei carabinieri, il maresciallo Antonio Taibi, con una operazione congiunta con la polizia, ha monitorato Riccardo – andava a trovarlo molto spesso in casa – fino a coglierlo a spacciare delle pasticche di ecstasy. Fu processato e condannato a tre anni. Il padre, a quel punto, individua il maresciallo Taibi come il principale responsabile dell’arresto. «Lui si era convinto – spiega l’avvocato Enrico Di Martino, difensore di entrambi – che il maresciallo Taibi, con tutte le sue venute in casa, avesse convinto il figlio a spacciare per individuare altri complici, promettendogli che non gli sarebbe stato fatto nulla». Fu per questo che prese la decisione folle di sparargli. E gli sparò, dopo un colloquio sotto il portone dell’abitazione della vittima. Lo uccise. (altro…)
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