di Ornella Favero* – Ristretti Orizzonti, 26 aprile 2020
Ma quale potrebbe essere la Fase 2 in carcere? Quando riapriranno le sale colloqui? Quando rientrerà il Volontariato? Quando finirà quel “distanziamento sociale” che nelle galere si è esercitato solo nei confronti della società esterna, scuola e volontari, che sono stati subito messi fuori, mentre tra detenuti continua la più rischiosa vicinanza? Sono domande che il Volontariato non si limita a porre astrattamente, ma a cui vorrebbe collaborare a trovare delle risposte.
Le tecnologie sono “entrate” per il virus, ora non devono più uscire
La cosa più drammatica che potrebbe succedere nella Fase 2 è che le tecnologie, entrate di prepotenza in carcere, anche per far fronte all’epidemia di rabbia che rischiava di diffondersi e inquinare le condizioni di vita già difficili, ne escano appena si tornerà a un po’ di normalità ripristinando i colloqui visivi. No, non si deve tornare indietro perché anche in condizioni “normali” i rapporti con le famiglie, le telefonate e i colloqui nel nostro Paese sono veramente una miseria. Abbiamo visto detenuti piangere dopo aver parlato in videochiamata con un genitore che non vedevano da anni, non è pensabile che questa boccata di umanità a costo zero possa finire.
Zoom, Meet, Skype, quando le Videoconferenze sono cibo per la mente
Le attività scolastiche in videoconferenza sono state autorizzate anche nelle carceri, ma funzionano ancora poco. Eppure, sono attività che potrebbero aprire grandi possibilità, soprattutto per ampliare gli spazi dello studio e dei percorsi rieducativi. In tanti oggi mettono le mani avanti dicendo che c’è il rischio che le tecnologie si sostituiscano alla presenza viva della società civile, il cui ruolo è fondamentale nelle carceri. Noi pensiamo che invece le videoconferenze possano essere un autentico arricchimento: mettere insieme per esempio, come si sta facendo a Padova, voci come quella di Fiammetta Borsellino, della figlia di un detenuto dell’Alta Sicurezza e di altri detenuti, che dialogano con gli studenti, è una opportunità che non deve riguardare solo l’area penale esterna, ma deve coinvolgere stabilmente anche il carcere e le persone detenute e non rimanere legata solo all’emergenza: si tratta infatti di una autentica rivoluzione culturale di enorme valore, che mette al centro la responsabilità, cioè il cuore vero della rieducazione. Ma dà anche degli strumenti fondamentali alle persone detenute, che non possono restare dei “senzatetto digitali”, se non vogliamo che il reinserimento diventi ogni giorno più difficile in una società, che le tecnologie le dovrà mettere sempre più al centro della sua vita.
Quando il deserto rischia di essere sia “dentro” che “fuori”
Ecco, il reinserimento. Se già era complicato prima avere una offerta di lavoro per accedere a una misura alternativa, dopo, nella fase 2, diventerà una guerra tra poveri dove chi esce dal carcere avrà ancora meno opportunità. E “dentro” le persone si vedranno intrappolate, senza futuro, spaventate. E anche per le famiglie, sarà più difficile sostenere i propri cari detenuti.
Ci vorrà allora il doppio di attenzione, anche rispetto al rischio di patologie come la depressione, da parte delle Istituzioni, ma anche di quel Volontariato che accoglie e sostiene i percorsi di reinserimento, e delle cooperative che sono più attrezzate per offrire opportunità lavorative a soggetti svantaggiati.
Basta la salute?
Il coronavirus ha distrutto le nostre illusioni di vivere in un mondo in cui non ci siano malattie che non si possano sconfiggere. Ma in un momento in cui ci sentiamo tutti più fragili, il carcere è diventato uno dei luoghi più a rischio in assoluto. In questo quadro già desolante di per sé, si inserisce una polemica per detenzioni domiciliari concesse a detenuti in 41-bis. Guardiamo il caso che ha creato più scandalo, quello di Francesco Bonura, un esponente di spicco della mafia.
Ma davvero siamo messi così male, da vivere in uno Stato che ha paura di un uomo di 78 anni, con un tumore grave, cardiopatico, con ancora da scontare pochi mesi di carcere? una magistrata rispetta la legge e manda quest’uomo in detenzione domiciliare, usando gli strumenti che la legge le dà, non per l’emergenza coronavirus, ma perché semplicemente il diritto alla salute vale per tutti, anche per i criminali. E cosa vede invece il magistrato antimafia Di Matteo in questa scarcerazione di un uomo con patologie così gravi, che difficilmente potrebbe uscire indenne da un contagio da coronavirus? “Boss scarcerati? Segnale tremendo, lo Stato sembra cedere al ricatto delle rivolte orchestrate dalle mafie“.
Ricordiamo che le rivolte “orchestrate dalle mafie” hanno comunque fatto emergere tanta disperazione, rabbia e morte, ma nessun vero disegno eversivo; e poi non c’è nessuna misura, fra quelle legate all’epidemia da coronavirus, che possa essere applicata in qualche modo alle persone in carcere per reati della criminalità organizzata. Dove c’è stata qualche scarcerazione, di qualche disperato con pesanti patologie, perché comunque anche un mafioso con un tumore gravissimo è un disperato, si è trattato di tutelare il diritto alla salute come vuole la nostra Costituzione. Ed è uno Stato forte quello che sa prendersi cura della salute di TUTTI, anche dei mafiosi.
Gentili Garanti, noi vogliamo esserci
Il Garante Nazionale, nel suo bollettino quotidiano, ci comunica che il 22 aprile si è svolta la riunione online tra il Garante nazionale e i Garanti regionali, che “hanno avviato una prima riflessione sulle prospettive della fase 2”.
Ai Garanti allora diciamo che il Volontariato e le cooperative sociali chiedono di essere coinvolti in questo confronto sulla fase 2, e di esserlo da subito, perché è adesso che c’è bisogno di tornare a essere presenti capillarmente nelle carceri, ed esserlo portando le nostre idee, le nostre risorse, la nostra capacità innovativa, la nostra competenza anche nell’informare e sensibilizzare le persone “dentro” e la società “fuori”.
GENTILI GARANTI, potete chiamarci a far parte di questa specie di Unità di crisi, che deve fare in modo che la fase 2 ci sia anche per le carceri?
*Presidente della Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia e Direttrice di Ristretti Orizzonti