di
Jacopo Storni
– Corriere
Fiorentino, 31 gennaio 2022
«Qui
ci sono persone che dovrebbero stare in una comunità di recupero,
non in carcere». In Italia dal Marocco quando aveva 12 anni, dal
2014 aiuta l’associazione Pantagruel nel penitenziario fiorentino.
Due volte a settimana varca il cancello di Sollicciano ed entra in carcere per stare accanto ai detenuti, ascoltare i loro bisogni, comprendere le loro frustrazioni. Fatima è una ragazza con genitori marocchini, arrivata in Italia dal Marocco quando aveva 12 anni. Nel penitenziario fiorentino, dal 2014 grazie all’associazione Pantagruel, segue soprattutto i reclusi di origine maghrebina. «La cosa più drammatica per i detenuti è l’impossibilità di contattare le loro famiglie. Possono soltanto scrivergli lettere, ma spesso i genitori si trovano in paesi sperduti in Tunisia e Marocco e le lettere che scrivono non arrivano mai. In alternativa possono chiamarli al telefono ma, anche in questo caso, non sempre è semplice perché i loro familiari devono avere un contratto telefonico con un certificato che dimostri che la persona in questione è parente del recluso e non sempre si riesce ad avere». Secondo Fatima, Sollicciano oggi «è una discarica sociale, dove vivono disgraziati che non hanno neppure soldi per pagarsi un caffè, persone che sono tossicodipendenti e sono finite nel giro dello spaccio ma che, anziché in carcere, dovrebbero stare in una comunità di recupero». Tra i casi più drammatici che ha seguito c’è quello di un detenuto marocchino che aveva chiesto al tribunale di sorveglianza un permesso speciale di libertà vigilata per dare un ultimo saluto al padre in fin di vita, ma il permesso è arrivato soltanto dopo la morte del padre.
Da: https://corrierefiorentino.corriere.it/firenze/notizie/cronaca/22_gennaio_31/fatima-volontaria-sollicciano-questo-luogo-discarica-sociale-69eca09c-826f-11ec-aca6-1054d02d81ba.shtml